Storia

L’antenna dei Parioli

A cura di Lorenzo Grassi
© lorenzograssi.it

Alle ore 21 del 6 ottobre 1924, con la voce della violinista e improvvisata annunciatrice Ines Viviani Donarelli, esordiva il primo servizio ufficiale quotidiano di radiodiffusione in Italia (del messaggio è stata realizzata una ricostruzione sonora moderna perchè all’epoca non era possibile alcuna registrazione). A gestirlo – su spinta del ministro delle Comunicazioni, Costanzo Ciano, mediatore di un infuocato scontro politico-industriale – era la concessionaria di Stato in esclusiva URI (Unione radiofonica italiana), antesignana della RAI, costituita il 27 agosto 1924 a Torino dalla Radiofono (Società Anonima Italiana per le Radio-comunicazioni circolari) e dalla Sirac (Società italiana radio audizioni circolari). Poco più di sei mesi prima, il 24 marzo 1924, con grande scorno del regime era andato a vuoto per un disguido tecnico un primo test di trasmissione in diretta di un discorso di Mussolini dal Teatro Costanzi di Roma.

I tralicci della stazione trasmittente di Roma.

Gli studi della URI, che vantavano un elegante Auditorium insonorizzato con drappi di stoffa, erano stati attrezzati a Palazzo Corrodi in via Maria Cristina dietro piazza del Popolo, mentre la stazione di trasmissione – della potenza di 2 kW e con lunghezza d’onda di 425 metri – per evitare le interferenze del centro abitato era stata localizzata in collegamento telefonico a 3,5 km di distanza, su una delle alture dei Monti Parioli nella zona allora di aperta campagna dei “campi di San Filippo”. Qui, a 55 metri di quota tra il parco di Villa Savoia e piazzale delle Muse, svettavano i due tralicci in legno alti 40 metri forniti dalla ditta veneziana Pasqualini e Vienna, che sostenevano l’antenna dell’impianto del “tipo Q” realizzato nelle officine genovesi della Compagnia Marconi Italiana.

Lo schema dei tralicci e dell’antenna della stazione trasmittente.

Accanto sorgeva una “baracca” con pannelli carichi di valvole e cavi, oltre ad una sala macchine con i convertitori e i trasformatori per l’alimentazione. Nel marzo del 1926 la stazione fu potenziata a 3 kW e quella originaria fu trasferita a Napoli in cupa San Giovanni a Villanova. Poi, nel 1930, venne realizzata la stazione di Santa Palomba, di inedita grande potenza (50 kW) e quasi in contemporanea, a Prato Smeraldo, fu attivata la prima stazione ad onde corte da 12 kW.

La targa posizionata nel 2014 all’esterno di Palazzo Corrodi.

Ma mentre sono ben documentati gli originari studi di Palazzo Corrodi, dove nel 2014 in occasione del 90° anniversario della prima trasmissione è stata posta una targa commemorativa, abbastanza poco si conosce dell’antenna installata ai Parioli e soprattutto della sua esatta localizzazione. Nella relazione scritta dall’ingegnere Corrado Tutino sui primi numeri della rivista “Radio Orario” del 1925, con foto e disegni, si fa riferimento ad un terreno di campagna di proprietà della stessa URI.

L’ubicazione della stazione trasmittente su una cartografia IGM d’epoca.

Il 30 maggio 1924 il presidente della Società “Radiofono”, l’ingegnere Enrico Marchesi, aveva inviato all’Ispettorato edilizio di Roma la richiesta per «poter costruire una baracca di legno ricoperto di eternit, nella località sita al Vicolo S. Filippo ai Parioli N. 19» (come risulta da documentazione rinvenuta presso l’Archivio Storico Capitolino da Renato Nunziata. Da segnalare anche che il Vicolo San Filippo ha poi variato la sua denominazione in Via San Filippo Martire). In allegato alla richiesta c’erano il disegno della piccola costruzione e una cartografia con la collocazione prevista. La stazione fu realizzata nel mese di giugno 1924 e alla fine del mese iniziarono le prime sperimentazioni di trasmissione (tanto che il 29 giugno 1924, verso le 22.30, alcuni radioamatori sentirono trasmettere dalla stazione sperimentale di Roma della “Radiofono” delle notizie di prova riguardanti «alcune grotte recentemente scoperte».).

Un’altra veduta della stazione trasmittente.

Così il 1° luglio 1924, nella rubrica “Radiotelefonia” pubblicata sul quotidiano “L’Epoca” di Roma, l’ingegnere Alessandro Tosi del Gruppo Marconi scriveva: «Riguardo alla stazione radiotelefonica sperimentale installata testè qui a Roma dalla “Radiofono”. La stazione è pronta. Essa funziona egregiamente sia dal punto meccanico che elettrico ed ha un rendimento molto alto. Questo hanno chiaramente detto le prove preliminari che furono fatte giorni fa, usando nella stazione stessa un ordinario microfono a carbone, che non è quello che verrà impiegato nel funzionamento normale. Quelle prove non avevano dunque lo scopo né di sperimentare la “voce” né la “portata” della stazione, giacché ciò non può provarsi altro che usando l’adatto microfono (microfono magnetico Marconi) e sistemato non nella stazione, ma nella località ove rimarrà permanentemente per il funzionamento. Dirò a tale riguardo che, mentre la stazione propriamente detta è ai Parioli, dietro Villa Savoia, l’Auditorium (quello che gli inglesi chiamano “studio”) ossia la sala ove risiederà definitivamente il microfono con accessori, ove si parlerà e si eseguirà musica, è in un palazzo presso il Ponte Margherita. E dovendo collegarsi con fili metallici il microfono con gli apparati della stazione si sono dovute tirare quattro linee tra il Ponte Margherita ed i Parioli, con uno sviluppo totale di circa 14.000 metri di filo di rame, facendo giri tortuosi e poggiandoli su pali e mensole. Questo è il lavoro che si è iniziato dopo fatte le prove preliminari cui prima ho accennato e che sarà definitivamente compiuto fra tre o quattro giorni. Ultimato quanto precede, la stazione sarà pronta sotto ogni dettaglio e si procederà allora alle esperienze finali di modulazione e di portata nelle condizioni “normali”».

Apparati del sistema di trasmissione della stazione ai Parioli.

Nei giorni successivi – 2 e 3 luglio 1924 – l’ingegnere Tosi riferiva delle prove «avvenute nel pomeriggio di domenica scorsa» per testare dei collegamenti tra le stazioni di Centocelle e della Radiofono con apparati riceventi mobili (vettura ferroviaria in viaggio sulla Roma-Civitavecchia). Era stata rilevata qualche anomalia dovuta all’utilizzo di «un volgare microfono ordinario a granuli di carbone», mentre «il collegamento definitivo della stazione col microfono magnetico relativo, sistemato in un locale a più di km. 3 da essa, non sarà pronto che nel corso della settimana». «Domenica sera non si trattava di provare né la voce né la portata della stazione – si precisava – prova che non è stata ancora fatta e che si farà solo tra giorni (…) Ripeto agli assidui amatori che saranno informati a tempo del giorno e dell’ora in cui la stazione funzionerà nelle sue condizioni “normali”, dell’epoca cioè in cui essi mettendosi in ascolto potranno dire la “vera” voce della stazione e giudicare della sua “reale” efficienza».

Il 9 luglio 1924 arrivava l’annuncio tanto atteso: «Ho il piacere di informare i lettori – scriveva l’ingegnere Tosi – che, essendo stati completamente ultimati nei loro minimi dettagli i lavori relativi all’impianto della stazione radiotelefonica sperimentale della “Società Radiofono”, sistemata a Roma presso i Parioli, da questa sera martedì 8 luglio e fino a nuovo avviso avverranno seralmente dalle 21.30 alle 22.30 esperienze definitive. Le emissioni fatte a tale scopo, essendo esse destinate esclusivamente a constatare minuziosamente l’efficienza della Stazione, non presenteranno dal punto di vista artistico l’interesse delle normali radiotrasmissioni di una stazione che funziona nell’interesse del pubblico. Ma avranno la grande attrattiva di essere le prime emissioni di una stazione italiana radiotelefonica di grande potenza testé ultimata».

«Infatti, malgrado il tempo asciuttissimo, si è raggiunto nell’aereo la potenza di circa Kw. 2 – proseguiva – il che dice che la stazione potrà essere udita dalla maggior parte delle stazioni europee e del nord dell’Africa. La lunghezza esatta dell’onda è di m. 426. La “Società Radiofono” sarà grata ai cortesi ascoltatori se essi vorranno riferirle in merito alle ricezioni che sono per effettuare sulle emissioni della Stazione di Roma, indicando altresì quale sia l’apparato da loro impiegato in dette ricezioni ed il tipo d’aereo dell’apparato collegato. I cortesi ascoltatori potranno indirizzare direttamente quanto hanno osservato alla Società, via Condotti 11 – Roma. La Società, per mio mezzo, li ringrazia anticipatamente della loro cortesia».

La sperimentazione ebbe termine dopo pochi giorni. Il 13 luglio 1924, l’ingegnere Tosi informava infatti i lettori che «da questa sera cessano le emissioni di esperienza eseguite dalla Stazione Radiotelefonica di Roma della Società “Radiofono”, essendosi materialmente constatato il normale funzionamento di essa. Si procederà a mettere la stazione, nei suoi minimi dettagli, in grado di funzionare in modo stabile e definitivo per pubbliche radiocomunicazioni». Nel frattempo, a potenziamento della “baracca” in legno, era stato realizzato in via di San Filippo anche un piccolo edificio in muratura per ospitare tutte le apparecchiature necessarie all’alimentazione e al controllo della stazione.

La “sala pannelli” della stazione trasmittente.

Due mesi dopo fu annunciato l’inizio di ulteriori trasmissioni di test. L’11 settembre 1924, l’ingegnere Tosi scriveva che «la stazione del Radiofono dovrebbe cominciare in questa settimana a trasmettere per un’ora giornalmente, aumentando gradatamente la durata delle emissioni, fino a raggiungere sei ore di funzionamento giornaliero minimo per la fine dell’anno». In realtà, come sappiamo, il via libera definitivo e ufficiale alle trasmissioni avvenne poco più tardi, dal 6 ottobre 1924. Il 2 ottobre 1924 erano state pubblicate sul Giornale d’Italia le bozze di un articolo dal titolo “Il Broadcasting in Italia” scritto per la Rivista Italiana “Radio” dal marchese Luigi Solari, consigliere delegato della Società Italiana Marconi, che sottolineava i problemi di ordine industriale e fiscale che avevano ritardato l’esordio delle radiodiffusioni nel nostro Paese: «Con concessione provvisoria a scopo sperimentale è stata impiantata in Roma una Stazione Marconi di ultimo modello – ricordava Solari – del tipo di quella esistente a Londra, di cui tutta l’Europa riconosce la superiore efficienza». Tra le caratteristiche della Stazione veniva sottolineata la portata di circa 2.000 km «in buone condizioni atmosferiche». «La Stazione è stata rapidamente montata dal personale tecnico dell’Ufficio Marconi di Roma – proseguiva l’articolo – ed è stata regolarmente collaudata con ottimi risultati, come è testimoniato da molte centinaia di lettere ricevute dai più lontani Paesi d’Europa». Si citavano ricezioni avvenute il 16 settembre 1924 da Londra, il 21 settembre 1924 dal piroscafo “Trento” in navigazione sul Mar Nero, il 22 settembre 1924 da Varsavia, il 25 settembre 1924 da Francoforte e da Nizza.

La “sala macchine” della stazione trasmittente.

«La Stazione Marconi di Roma viene ora rilevata dalla Società “Unione Radiofonica Italiana” formata con la partecipazione delle principali Officine Radio-telegrafiche esistenti in Italia – concludeva Luigi Solari – quale presidente è stato nominato l’ing. Enrico Marchesi il ben noto direttore della Fiat. L’Unione Radiofonica Italiana inizierà i suoi programmi il 6 ottobre dalle 20.30 alle 22.30 ogni sera. Le ore di trasmissione saranno gradatamente aumentate». Sull’edizione del Giornale d’Italia del 12 ottobre 1924 compare per la prima volta la programmazione dell’Unione Radiofonica Italiana (Stazione di Roma). Come notano alcune fonti l’inaugurazione avvenne «senza cerimonie, senza discorsi d’apertura. Neppure i giornali furono informati di quella prima trasmissione. Scoprirono la radio qualche giorno dopo».

L’identificazione del posizionamento di uno dei due tralicci.

Nel 2019 – 95° anniversario della prima trasmissione – si sono messi a caccia di possibili tracce ancora esistenti della Stazione “Radiofono” dei Parioli due appassionati di radio e di memoria storica: Andrea Borgnino (giornalista, autore e conduttore radiofonico, responsabile editoriale di RaiPlaySound) e Lorenzo Grassi (giornalista appassionato di memoria storica e di vestigia belliche). A dar loro una mano si è poi unito Renato Nunziata (esperto di storia della RAI, dove ha lavorato dal 1978 al 2022, giornalista politico e di attualità).

Il portale d’ingresso di Villa San Filippo.

Sono state rintracciate tutte le rare immagini disponibili dei tralicci in vicolo di San Filippo e poi – grazie ad uno studio comparato delle cartografie d’epoca, alla triangolazione delle visuali sui palazzi sopravvissuti sino ad oggi e ad alcuni sopralluoghi in zona – è stata individuata con la maggiore precisione possibile l’area dove sorgevano i grandi tralicci di legno. In piazza Bligny, poco oltre i grandi edifici dell’attuale Comando Generale dei Carabinieri su viale Romania, ai lati di un portale si può leggere ancora la denominazione “Villa San Filippo”. Sulla destra inizia l’antico vicoletto dedicato al Martire che corre lungo il muro di confine del parco di Villa Ada e che, nel tratto sino all’ingresso di Villa Polissena, in tempi recenti è stato ridenominato in ricordo di Mafalda di Savoia che lì ha vissuto la sua esistenza sino al tragico epilogo. Sul portone del palazzo di fronte al busto della principessa spicca il nome Felicetti, famiglia proprietaria di Villa San Filippo (già Vigna del Grillo Scarlatti) agli inizi del Novecento.

Ciò che resta dell’antica tenuta e del casino nobile di Villa San Filippo – nel cui sottosuolo, a grande profondità, scorre l’Acquedotto Vergine – fa oggi parte della Casa per ferie “Santo Rosario” dell’Istituto religioso delle Suore Maestre di San Dorotea con ingresso su via Tommaso Salvini. Da quella zona i tralicci occupavano l’area verso Nord-Est che nei decenni successivi è stata stravolta dall’edificazione, dove ora sorgono i palazzi con accessi dai civici 18, 20 e 22 di via Adelaide Ristori.

La zona dei tralicci stravolta dalla successiva edificazione.

Nella spianata del parcheggio del cortile dell’Istituto religioso – ultimo spazio libero scampato all’intensa urbanizzazione – potrebbe essere rimasta l’unica traccia, seppure labilissima, dell’antico impianto trasmittente: sull’asfalto spicca infatti una misteriosa “toppa” di cemento che spezza la grigia continuità. «È lì da sempre – ha detto ai ricercatori una delle suore con maggiore anzianità di servizio – e non è dovuta a lavori recenti». Così fa sognare l’idea che possa essere un segno della precedente presenza di uno dei due tralicci o quantomeno di qualcuno dei robusti agganci a raggiera dei 36 fili (lunghi 50 metri e collegati a piastre di ferro galvanizzate) che garantivano la messa a terra della grande antenna.

La “toppa” di cemento nel parcheggio dell’Istituto religioso.