Storia

Bombardando le rovine

A cura di Lorenzo Grassi
© lorenzograssi.it

Che problema c’è a bombardare delle rovine di epoca romana, considerato che in fondo rovine già sono? È il cinico e raggelante ragionamento applicato dagli strateghi inglesi durante la Seconda Guerra Mondiale, testimoniato da un Report del 9 novembre 1940 che è parte integrante di un carteggio intercorso a Londra tra il ministero degli Esteri e quello dell’Aeronautica sui possibili obiettivi da colpire nella Capitale d’Italia e i danni collaterali da mettere in conto.

Quella di un raid su Roma, e in particolare sulle zone centrali, era un’idea ricorrente tra i capi del Bomber Command inglese, che tra le altre cose aveva prospettato anche di colpire in contemporanea le due residenze di Mussolini – Villa Torlonia e Palazzo Venezia – per mettere fuori gioco il dittatore. Più forti erano invece le remore da parte degli americani, che anche durante la loro successiva avanzata via terra mostreranno maggiore attenzione ai beni culturali italiani costituendo delle apposite squadre incaricate di recuperarli e metterli in salvo.

La lista dei possibili obiettivi romani dei bombardamenti Alleati.

A luglio del 1943, però, concorderanno con gli inglesi sull’inevitabile necessità di colpire gli scali aeroportuali e gli snodi ferroviari della Capitale italiana. Ma, come detto, già in precedenza gli inglesi avevano preso in considerazione i raid su Roma e nel 1940 avevano stilato una lista dei possibili obiettivi. Naturalmente era assolutamente esclusa la zona del Vaticano, circostanza che aveva sempre fatto pensare ai romani di poter essere “graziati” dai bombardamenti Alleati, con la famosa frase: “Tanto ci protegge il Cupolone”. Era invece stata indicata la Stazione Termini, ovvero la stazione ferroviaria centrale e più importante. Un obiettivo che il 19 luglio 1943 verrà poi escluso, propendendo sullo Scalo Tiburtino con le bombe finite tragicamente anche sul popoloso quartiere di San Lorenzo.

Il documento inglese del 9 novembre 1940.

Così fa impressione leggere il documento inglese del 9 novembre 1940, cinque mesi dopo l’entrata in guerra dell’Italia, dove – dopo aver ipotizzato un raid sul Gazometro Ostiense – si fa riferimento alla Stazione Termini e si legge: “Anche questo è un bersaglio facile da individuare, ma è nel centro della città, e le Terme di Diocleziano, proprio di fronte, potrebbero probabilmente essere colpite dalle bombe finite lunghe. D’altro canto, queste Terme sono già in stato di rovina (these Baths are already in a state of ruin), e il rischio è tale che, a nostro avviso, potrebbe essere corso”.

Una veduta attuale delle Terme di Diocleziano.

Fortunatamente sia nel 1940 che nel 1943 ci fu un ripensamento e la Stazione Termini venne solo sfiorata dai bombardamenti. Altrimenti oggi avremmo solo un vago ricordo delle Terme di Diocleziano, considerate un complesso monumentale unico al mondo sia per le dimensioni che – paradossalmente – per l’eccezionale stato di conservazione. Furono costruite in soli otto anni tra il 298 e il 306 d.C. e si estendevano su 13 ettari. Il complesso poteva contenere fino a 3.000 persone contemporaneamente ed era strutturato secondo lo schema tradizionale delle grandi terme imperiali (compresa la “natatio”, un’enorme piscina scoperta di 4.000 metri quadrati impreziosita da una facciata monumentale). La costruzione delle Terme fu opera dell’imperatore Massimiano che le dedicò a Diocleziano con cui condivideva il comando. Fu l’ultimo grande atto di propaganda imperiale. L’impianto restò in funzione sino alla metà del VI secolo quando la guerra greco-gotica causò gravi danneggiamenti agli acquedotti, interrompendo l’alimentazione idrica.

Un’altra veduta delle Terme di Diocleziano.

Dopo circa mille anni di abbandono, nel 1561 Papa Pio IV destinò le antiche Terme alla costruzione di una chiesa e di una certosa, affidando il progetto niente di meno che a Michelangelo. La chiesa fu dedicata alla Madonna degli Angeli e dei Martiri, in ricordo dei numerosi cristiani che secondo la tradizione avevano trovato la morte nella costruzione delle Terme. A partire dal 1575, con Gregorio XIII, gli spazi delle Terme furono trasformati nei granai dell’Annona Pontificia e in depositi per l’olio. Nel 1940 Roma ha dunque rischiato di perdere per mano inglese e in un solo colpo sia i resti delle antiche Terme che la sontuosa chiesa michelangiolesca.