Storia

Il “boia” di Pratale

A cura di Lorenzo Grassi
© lorenzograssi.it

C’è un filo rosso sangue che corre, insieme al comandante nazista Bruno Wittenauer, dalle colline toscane della Val di Pesa alla Spagna, passando all’ombra della Cupola di San Pietro. È la storia dell’aiuto vaticano ad un “boia” nazista in fuga, beneficiario senza scrupoli di una mirabolante carriera nei ranghi della Chiesa, con tanto di promozione del Papa: una pagina “nera” e sconosciuta che è riemersa quasi per caso grazie ad un documento messo in vendita sul web e scovato da Carlo Galeazzi, appassionato di memoria storica. Per ricostruire la vicenda occorre fare un salto temporale all’indietro di 77 anni e concentrare l’attenzione su Pratale.

Il sepolcro in memoria delle vittime dell’eccidio di Pratale (resistenzatoscana.org).

Pratale è un piccolo podere del Comune di Barberino Tavarnelle, a pochi chilometri da Firenze e a circa metà strada tra l’Abbazia vallombrosana di San Michele a Passignano e l’abitato di Fabbrica. La mattina del 23 luglio 1944 in quell’area erano in pieno svolgimento sia il ripiegamento tedesco verso la collina di Fabbrica che la contemporanea avanzata della 2a Divisione Neozelandese verso Passignano. La zona, al centro di serrati scontri a fuoco, era cruciale per la strategia tedesca di “ritirata combattuta” ordinata dal generale Kesselring. Nel podere di Pratale abitavano da giorni le famiglie contadine dei Gori, dei Cresti e dei Raspollini, alle quali si era aggiunta quella dei Lotti, sfollati dalla vicina località di Fabbrica. La sera del 23 luglio, a poche ore dall’avvenuta Liberazione di Tavarnelle, un gruppetto di tedeschi appartenenti alla 4a Divisione Cacciatori Paracadutisti fece irruzione nel podere, sorprendendo le quattro famiglie mentre erano sedute a cena.

Una strage compiuta dai Fallschirmjäger nazisti (foto di repertorio non riferita all’episodio di Pratale).

Gli uomini furono separati dalle donne e dai bambini. Il gruppo delle donne fu fatto allontanare in direzione di Fabbrica, mentre gli uomini – alcuni giovanissimi – vennero portati in un boschetto nelle vicinanze. I tedeschi fecero poi allontanare solo l’anziano Maurizio Raspollini e suo figlio 18enne Rino (che il padre teneva in braccio perché malato). I 12 uomini rimasti furono fatti allineare e uccisi con ripetute raffiche di mitra. Giovanni Raspollini, un istante prima che i militari aprissero il fuoco, si gettò nella vegetazione, riuscendo a scappare. Ma durante la fuga si imbattè nei soldati tedeschi che lo freddarono all’istante, a poca distanza dal luogo di fucilazione degli altri contadini. Secondo la testimonianza resa da Ada Vermigli, moglie di Giuliano Lotti, dopo la strage i tedeschi saccheggiarono il podere e si portarono via anche i portafogli dei fucilati. Questo l’elenco dei 12 martiri di Pratale: Livio Gori (53 anni), Giuseppe Gori (52 anni), Serafino Gori (43 anni), Omero Gori (21 anni), Marcello Gori (19 anni), Bruno Gori (23 anni), Giuliano Lotti (30 anni), Carlo Lotti (60 anni), Angiolo Cresti (35 anni), Attilio Cresti (58 anni), Oreste Cresti (67 anni) e Giovanni Raspollini (21 anni).

La lapide sul cippo in ricordo dei martiri dell’eccidio di Pratale.

Solo nel 2013, a quasi 70 anni dalla strage, si è fatta luce sui responsabili di uno dei più efferati crimini di guerra commessi in Toscana dai nazifascisti. In quell’anno, infatti, è giunto a conclusione il procedimento della Procura militare di Roma avviato nel 2011 su richiesta di Sestilio Dirindelli, allora Sindaco del Comune di Tavarnelle Val di Pesa (che successivamente nel 2019 si è fuso con quello di Barberino Val d’Elsa dando vita al nuovo Comune di Barberino Tavarnelle).

Il Procuratore militare Marco De Paolis, al termine di una complessa indagine, ha reso note le generalità e l’inquadramento dei militari tedeschi protagonisti dell’eccidio. Si trattava di una squadra alle dipendenze della 2a Compagnia del 12° Reggimento (comandato dal maggiore Timm Eduard), parte della 4a Fallschirmjäger Division (Divisione Cacciatori Paracadutisti, comandata dal generale di brigata Trettner Heinrich). L’inchiesta ha permesso di identificare con assoluta certezza i sei militari responsabili della strage di Pratale (4 tedeschi, 1 austriaco e 1 polacco).

La cartolina inviata nel 1942 da Bruno Wittenauer con il suo ritratto.

Il drappello criminale era guidato dal tenente-comandante Bruno Wittenauer (nato il 19 giugno 1919 a Gernsbach in Germania) e composto dal sottufficiale aspirante ufficiale, comandante di squadra, Rudolf Kurz (nato il 29 giugno 1916 a Kiel in Germania), dal caporalmaggiore Bernhard Schulze-Holtenhausen (nato il 15 maggio 1922 a Reken in Germania) e dai paracadutisti Herbert Flessenkemper (nato il 21 gennaio 1918 a Wuppertal in Germania), Georg Ogorek (nato il 10 giugno 1917 a Breslau, dal 1945 in Polonia) e Rudolf Moser (nato il 26 febbraio 1919 ad Alpbach in Austria). Tutti questi militari – come ha avuto modo di appurare la Procura militare tramite rogatorie internazionali – sono deceduti tra il 1978 e il 2011. Per questo il 20 maggio 2013 il Gip ha dichiarato il «non luogo a procedere per estinzione del reato per morte dei rei».

Il cippo e la croce in memoria delle vittime dell’eccidio di Pratale (resistenzatoscana.org).

“Non abbiamo agito per desiderio di rivalsa – ha dichiarato all’epoca il sindaco Dirindelli – ma esclusivamente per fame di verità e giustizia, con la volontà di riscattare una strage dimenticata per troppo tempo. Il nostro lavoro è scaturito dalla necessità di tenere viva la memoria dell’eccidio e delle sue vittime, di questi dodici nostri concittadini uccisi dalla crudeltà nazifascista: un disegno di guerra a tutti gli effetti che rispondeva ad una puntuale direttiva di combattimento e ad una strategia di imbarbarimento dei metodi messi in atto dai tedeschi. Un atteggiamento spietato contro la popolazione locale, fatto di istigazione alle atrocità, secondo il quale i civili erano considerati nemici alla stregua dei militari e che mirava a seminare terrore e stroncare ogni atto di resistenza. Il dolore dei familiari resta e non può essere certamente placato dalla conoscenza di questa verità – ha aggiunto il sindaco – ma sapere i nomi di coloro che tolsero la vita ai nostri contadini, portando alla devastazione di intere famiglie, sostiene e incoraggia il compito che tutti noi, ogni giorno e non solo nelle ricorrenze, siamo chiamati a realizzare e a difendere: tenere costantemente aperto il libro della memoria perché dal sacrificio, pagato a caro prezzo dalle tante famiglie del nostro territorio, è nata la certezza di una vita libera e democratica. È quella certezza che dà speranza e fiducia al nostro presente e al nostro futuro. Da oggi in poi, sulla strage di Pratale nessuno potrà mai metterci una pietra sopra”.

Il “lasciapassare” Vaticano del 1946.

Eppure il Vaticano, solo due anni dopo l’eccidio, decise di metterci sopra un gigantesco macigno. Porta infatti la data del 1° febbraio 1946 un “lasciapassare” con intestazione della Gendarmeria Pontificia che Carlo Galeazzi, setacciando il web, ha trovato in vendita su eBay dalla Germania (insieme ad una foto-cartolina di Wittenauer in divisa scattata a Hildesheim nell’ottobre del 1942). Nel documento con formula prestampata si legge che “il rifugiato germanico Wittenauer Bruno può circolare nella Città del Vaticano, senza essere accompagnato, per recarsi al Collegio Teutonico, all’Ospizio di Santa Marta, al Palazzo del Tribunale, in Farmacia, dal calzolaio e dal sarto, esclusa ogni altra località, percorrendo la Via del Pellegrino, Via del Belvedere, Cortile del Belvedere, Via delle Fondamenta e Piazza di Santa Marta”. In calce si precisa che “la presente autorizzazione è valida per 6 mesi”; mentre sul frontespizio si legge che il documento è “da esibirsi a richiesta dei militari di servizio nello interno della Città del Vaticano”.

Non è dato sapere come il “boia” di Pratale – evaso da un campo di prigionia inglese in Italia – sia riuscito ad approdare, a conflitto appena finito, sotto la protezione della Cupola di San Pietro in qualità di “rifugiato germanico”. La sua vicenda, infatti, non sembra ricalcare quelle classiche della “ratline”, il sistema di vie di fuga per mezzo del quale molti criminali di guerra nazisti e collaborazionisti fuggirono, in prevalenza verso l’America Latina, dai processi a loro carico in Europa alla fine della Seconda guerra mondiale con la connivenza del Vaticano e l’assenso Usa.

I documenti di Wittenauer in vendita su eBay.

I trascorsi di Bruno Wittenauer sono ricostruiti in una biografia pubblicata su una rivista ecclesiastica tedesca al momento della sua morte nel 1979.

«Dopo aver frequentato il liceo a Rastatt – si legge – ha iniziato a lavorare come venditore di automobili. Ha preso parte alla Seconda guerra mondiale come Capitano dei paracadutisti. Nel 1945 è fuggito da un campo di prigionia inglese in Italia ed ha vissuto un anno come rifugiato in Vaticano. Durante questo periodo ha avuto l’opportunità di studiare i ministeri della Chiesa, decidendo di prendere la via del sacerdozio. Dal 1948 ha studiato filosofia e teologia a Friburgo e Innsbruck e nel 1953 è stato ordinato sacerdote nel monastero di St. Peter vicino Friburgo. Dopo due anni da cappellano nell’Arcidiocesi di Friburgo, nel 1955 è stato inviato come parroco nella comunità di lingua tedesca a Madrid. Qui, nel 1964, il prelato Albert Buttner lo ha nominato nel Segretariato cattolico Esteri della Conferenza episcopale tedesca. Dopo la morte di Buttner, il 14 giugno 1967, Wittenauer ha poi assunto la direzione di questo dipartimento.

Con prudenza, vigore ed energia ha proseguito l’opera del suo predecessore, organizzando iniziative per le congregazioni cattoliche di lingua tedesca all’estero in tutto il mondo. Con il suo mandato, anche la pastorale per i cittadini stranieri in Germania è stata riorganizzata e ampliata; turismo e spostamenti richiedevano una maggiore cooperazione da parte della Chiesa. Ciò ha reso necessario espandere il servizio, cosa che Wittenauer ha fatto con tutte le sue forze e il suo cuore aperto. In Vaticano la sua collaborazione e la sua umanità sono state molto apprezzate. Così Papa Paolo VI, nel febbraio del 1968, lo ha nominato Consultore della Pontificia Commissione per le persone in movimento (per la precisione, nel 1965 Paolo VI fondò il Segretariato Internazionale per la direzione dell’Opera dell’Apostolatus Nomadum e solo nel 1970 la Pontificia Commissione de Spirituali Migratorum atque Itinerantium Cura, poi divenuta nel 1988 Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, che infine dal 2016 è confluito nel Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, ndr). Carica nella quale è stato riconfermato appena un anno fa (da Paolo VI, ndr).

Bruno Wittenauer aveva un forte carisma umano. Lo testimonia la sua ampia cerchia di amici e conoscenti. Era un amico affidabile, soprattutto nei confronti delle persone con cui aveva trascorso anni duri e formativi della sua vita, come i suoi amici dei paracadutisti. Il suo amore per il volo è rimasto vivo in lui sino a poco prima della sua morte, tanto che negli ultimi anni nel tempo libero era un appassionato di deltaplano. L’anno scorso una malattia insidiosa ha prosciugato le sue forze e ha causato frequenti problemi di salute. Ha cercato di combattere il più a lungo possibile, sino a quando non è stato ricoverato tre settimane prima della sua morte, preparato ad essere chiamato dal creatore il 18 maggio 1979».

Un necrologio di Bruno Wittenauer morto il 18 maggio 1979.

Nella parabola del “boia” di Pratale si è dunque assistito ad una inarrestabile “carriera” in ambito religioso – persino con il benestare del Pontefice – fino alla sua morte avvenuta per malattia ad Erfstadt, in Germania, senza essere mai stato chiamato a rispondere dei suoi terribili crimini. Anzi, lasciato libero di frequentare quegli amici paracadutisti “con cui aveva trascorso anni duri e formativi della sua vita” arrivando ad uccidere 12 civili inermi in Val di Pesa.

Ma dal web è spuntato fuori anche un secondo documento: un’incredibile “lettera di rettifica” inviata da Wittenauer al direttore del quotidiano spagnolo “El País” il 16 marzo 1977 da Francoforte: «Sul giornale di sabato 5 marzo c’è una notizia dal titolo “Sciopero delle messe a Francoforte”, nella quale ci si riferisce a me – puntualizzava il prelato – vorrei chiarire alcune cose. Nell’articolo si scrive che Bruno Wittenauer era “un capitano dei paracadutisti delle truppe di Hitler che combatterono in Spagna al fianco di Franco“. Questo è un errore. Era un Capitano dei paracadutisti nell’esercito di Hitler nella Seconda guerra mondiale. Prese parte alla guerra in Italia e alla fine fu rifugiato in Vaticano. È venuto in Spagna senza essere ordinato sacerdote, come cappellano della colonia tedesca di Madrid. Vi prego di rettificare questa notizia – concludeva Wittenauer – preciso che definire qualcuno “nazista” nella Repubblica Federale Tedesca è un insulto condannato dai tribunali».

Dunque il 57enne Wittenauer, due anni prima di morire, ci teneva a precisare – parlando di sé in terza persona e scrivendo Capitano con la maiuscola – che era stato nei ranghi di Hitler «in Italia e non in Spagna». Ma soprattutto, in modo paradossale, il “boia” di Pratale si offendeva all’idea di poter essere definito “nazista”.

Nell’articolo di “El País” al quale faceva riferimento la rettifica, si evidenziava il ruolo di Wittenauer, come responsabile del Segretariato cattolico Esteri della Conferenza episcopale tedesca, nella malagestione dei due milioni di marchi che i lavoratori spagnoli erano tenuti a versare ogni mese alla Repubblica Federale Tedesca come contributi obbligatori per la Chiesa. Wittenauer, inoltre, aveva rimosso il gesuita spagnolo Javier Domínguez, cappellano dei lavoratori cristiani spagnoli in Germania, colpevole di aver denunciato le discriminazioni attuate nei confronti dei lavoratori stranieri. Una rimozione che aveva innescato in diverse città tedesche una protesta contro i contributi obbligatori alla Chiesa, con molti parroci spagnoli pronti allo “sciopero delle messe” in solidarietà con padre Domínguez.

In conclusione possiamo notare che sul necrologio di Bruno Wittenauer è richiamato il salmo 39-8 della Bibbia: “E ora, Signore, cosa posso aspettarmi? Sei tu la mia unica speranza”. Non sappiamo in quale accoglienza possa aver sperato in cielo, ma qui sulla terra per lui può esserci solo e per sempre la condanna della Storia.

AGGIORNAMENTO

Il 5 agosto 2022 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito al Comune di Tavarnelle Val di Pesa (ora denominato Barberino Tavarnelle) la Medaglia d’oro al merito civile, con la seguente motivazione:

Nel luglio del 1944, mentre era in corso il ripiegamento delle truppe tedesche e l’avanzata di quelle neozelandesi, i tedeschi fecero irruzione in un’abitazione occupata da alcune famiglie contadine e, dopo aver fatto allineare all’esterno 12 uomini, li uccisero con raffiche di mitra. Pochi giorni prima veniva ucciso, in analoghe circostanze, un contadino. Gli episodi rientravano nella “strategia del terrore” condotta dall’esercito tedesco in ritirata. Grande esempio di estremo sacrificio. 1943/1945 – Tavarnelle Val di Pesa (FI)“.

La cerimonia di consegna della Medaglia d’oro al merito civile.

Il 9 aprile 2024 presso la Prefettura di Firenze si è svolta la cerimonia di consegna dell’importante onorificenza, con la partecipazione del Prefetto Francesca Ferrandino e del Sindaco David Baroncelli. In seguito il 12 e il 13 aprile 2024 si sono svolti a Barberino Tavarnelle altri eventi per celebrare l’avvenimento. Tra questi anche un incontro con la partecipazione di Marco De Paolis, procuratore generale militare presso la Corte militare d’appello di Roma e artefice di molte indagini sulle stragi compiute dai nazisti in Italia.

Come riportato in un articolo di Andrea Settefonti sul quotidiano “La Nazione”, De Paolis ha ricordato che il suo lavoro sulla strage di Pratale è nato dalla volontà dell’Amministrazione comunale di far luce sull’episodio: «Nel 2012 ricevetti una lettera da parte dell’allora Sindaco – ha detto il procuratore – e da quel momento ho attivato un percorso di indagini e ricerche negli archivi italiani e tedeschi che in due anni hanno portato all’accertamento giudiziario di alcuni militari che appartenevano al reparto che ha compiuto la strage, una squadra alle dipendenze della seconda Compagnia del dodicesimo Reggimento, quarta Divisione Cacciatori Paracadutisti. Nonostante l’individuazione e le prove raccolte – ha sottolineato Marco De Paolis, autore del libro “Caccia ai nazisti” edito da Rizzoli – per essi non è stato tuttavia possibile celebrare un processo poiché erano tutti già deceduti al momento in cui è stata condotta l’indagine».

L’aggiunta del nome di Rino Raspollini sul cippo dei martirti (Foto Antonio Taddei).

Il 14 aprile 2024 a San Casciano in Val di Pesa è stato aggiunto al cippo dei martiri anche il nome di Rino Raspollini, “morto di tifo il 3 agosto 1944 e tredicesima vittima della strage di Pratale“.