Storia

La stazione del Re

A cura di Lorenzo Grassi
© lorenzograssi.it

«Nuova fermata Villa Savoia per alte personalità». Così veniva indicata, nei progetti aggiornati a più riprese dall’architetto Gino Rossi tra il 1939 e il 1941, una piccola stazione ferroviaria che avrebbe dovuto sorgere in località “Roma Littorio” al chilometro 8.381 della linea Roma-Orte, poco distante da Ponte Salario. Rossi era stato già chiamato a lavorare in quel quadrante della città, disegnando il gigantesco edificio dei ferrovieri tra via Fara Sabina e via Stimigliano nella sovrastante zona di “Tor Fiorenza” – oggi quartiere Vescovio – che si vuole sia stato modellato a forma di doppia “M” in omaggio a Mussolini.

La localizzazione della fermata dal progetto di Gino Rossi. [ Archivio Fondazione FS ]

L’architetto aveva messo mano anche ad alcune stazioni ferroviarie in giro per l’Italia, ma quella che gli si chiedeva di realizzare nei prati a due passi dall’argine dell’Aniene era davvero speciale. Sarebbe stata infatti una stazione riservata esclusivamente alla famiglia reale – e in particolare a Vittorio Emanuele III e alla Regina Elena – che avrebbero potuto raggiungerla con assoluta comodità e discrezione direttamente dalla loro residenza privata della vicina Villa Savoia.

La localizzazione della fermata sull’argine dell’Aniene e accanto all’attuale pista ciclabile.

L’esigenza di facilitare gli spostamenti su ferro delle teste coronate si era già manifestata in passato. Nel “Diario del mio viaggio al fronte” (riferito alla prima guerra mondiale), la principessa Mafalda di Savoia – all’epoca 13enne – aveva scritto che l’11 maggio 1916 era «partita con Mamà (Elena) verso le 9 di sera da Villa Savoia, per prendere al Ponte Salario il treno che venendo da Roma doveva portarci a Udine per trascorrere alcuni giorni con papà». Quindi il convoglio in quella occasione era stato fatto fermare in aperta campagna per far salire i reali.

Un particolare della fermata con lo stemma Savoia. [ Archivio Fondazione FS ]

Più di un ventennio dopo, si era pensato di ufficializzare la fermata sfruttando il rettilineo che precede il ponte in ferro che scavalca l’Aniene (un attraversamento che in seguito, il 5 giugno 1944, il 12enne partigiano Ugo Forno salverà a costo della vita dalla distruzione ad opera dei nazisti in ritirata). Così a partire dal 1939 Gino Rossi iniziò a mettere su carta delle planimetrie, con diverse soluzioni architettoniche possibili, per la sistemazione della stazione “per alte personalità”.

Veduta di una delle soluzioni prospettate da Rossi. [ Archivio Fondazione FS ]

I disegni, conservati negli archivi della Fondazione FS, rivelano alcune finezze di dettaglio, come l’orologio a parete con motivi dello Zodiaco ad intarsio colorato o l’elegante impiego del travertino per i rivestimenti esterni, anche per i pilastri e le mattonelle dei marciapiedi, sino al tocco artistico dei mosaici in ceramica messi a copertura del resistente cemento armato delle pensiline. Il fabbricato della piccola stazione avrebbe dovuto comprendere un’accogliente e curatissima sala d’attesa (con pareti rivestite in Pietra di Trani “oniciato”, pavimento in porfido, soffitto in ceramica e zoccolo esterno in granito), dei gabinetti con latrina e lavabo, oltre ad una stanza dedicata al personale di servizio per la scorta e la pubblica sicurezza.

La suddivisione degli spazi in uno dei progetti di Rossi. [ Archivio Fondazione FS ]

L’architetto Rossi firmò l’ultima delle sue tre varianti nel 1941, poi la stazione Villa Savoia scomparve nelle nebbie dei rivolgimenti storici trasformandosi in una sorta di leggenda fantasma. Sicuramente fu avviata la realizzazione delle fondamenta, con i pilastri in cemento armato e un primo abbozzo del fabbricato, ma evidentemente le crescenti ristrettezze – di risorse e di materiali – dovute al periodo bellico portarono rapidamente al fermo del cantiere. La stazione era ancora solo in embrione quando, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, i reali lasciarono precipitosamente la Capitale facendo venir meno l’esigenza dell’opera.

Un’immagine degli anni Sessanta con il relitto della pensilina. [ Foto di Piero Muscolino ]

Il rustico insieme ad una piccola pensilina rimase a sfidare il trascorrere del tempo, dimenticato e semi-sconosciuto: lo si vede solo in una rara immagine degli anni Sessanta, con una locomotiva E.636 che passa accanto, dove si indovinano le intelaiature metalliche dei finestroni del fabbricato.

Il rudere visibile attualmente sulla pista ciclabile dell’Aniene.
Il rudere visibile attualmente sulla pista ciclabile dell’Aniene.

Poi quel poco che restava della “stazione del Re” fu demolito quasi completamente nei primi anni Ottanta, per i lavori di ammodernamento della ferrovia. Oggi è diventato un misterioso oggetto non identificato, del quale molti si chiedono il significato quando si imbattono, sui bordi della pista ciclabile dell’Aniene, in alcuni strani archi in mattoncini e pietre. Sono in realtà il rudere del basamento che avrebbe dovuto sorreggere il fabbricato; mentre poco oltre si possono trovare, ben nascosti nella vegetazione, anche i pilastri in cemento armato della pensilina. Vestigia di una fermata segreta per Vip destinata a restare un fantasma.

Il rendering del confronto tra il progetto e i resti sopravvissuti al tempo.

[ Per informazioni, materiali e consigli si ringraziano in particolare:
Fondazione FS, Vittorio Formigari, Piero Muscolino e Andrea Frasca ]