Storia

Tracce di guerra a Roma

A cura di Lorenzo Grassi
© lorenzograssi.it

Un rugginoso filo spinato e un blocco di cemento a forma di piramide. Due anonime ed evanescenti tracce del passaggio della guerra, due vestigia belliche tanto labili quanto concrete. Sconosciute agli stessi romani, che ci sfrecciano accanto ogni giorno. La prima si trova sul trafficato lungotevere e più esattamente sulla spalletta di Ponte Matteotti, dove spiccano alcuni pali in ferro ritorti “a coda di porco”: sostegni più consoni ad uno scenario da trincea che ad una via cittadina. Il ponte progettato da Augusto Antonelli, prima di essere intitolato nel dopoguerra al deputato che il regime fascista fece rapire lì vicino e poi uccidere, era stato denominato “delle Milizie” e in seguito inaugurato il 21 aprile 1929 con il nome di “Ponte del Littorio”.

I pali ritorti “a coda di porco” sulla spalletta di Ponte Matteotti.

Quell’attraversamento lungo 138 metri con tre arcate sul fiume collega il lungotevere Arnaldo da Brescia a piazza delle Cinque Giornate, congiungendo il rione Prati con i quartieri Flaminio e Della Vittoria. Ma cosa ci faceva lì un minaccioso reticolato? Le ipotesi sono due: la prima è che fosse stato messo a protezione di un sottostante campo di addestramento che era stato realizzato sull’argine, raggiungibile con un tunnel pedonale di discesa attraverso il ponte stesso. Ora in quel tratto di sponda sono presenti dei campetti sportivi. La seconda ipotesi, più inquietante, è invece quella che vede lo sbarramento funzionale ad un posto di blocco costituito dai nazisti per i rastrellamenti, oppure per coprirsi la fuga ad inizio giugno del 1944 prima della Liberazione di Roma.

Il blocco piramidale di cemento in largo Maresciallo Diaz.

Restando vicini al Tevere, poco più a Nord, gli studenti e le studentesse dell’Università “sportiva” del Foro Italico passano ignari quotidianamente accanto ad un blocco di cemento a forma di piramide. È nascosto dietro le auto parcheggiate, tra le pieghe di uno degli edifici in stile razionalista costruiti nel largo intitolato al Maresciallo Diaz. Era un pezzo di uno sbarramento anticarro, probabilmente allestito sempre dai tedeschi sul lungotevere o nel vicino piazzale di Ponte Milvio. Questi pesanti ostacoli stradali, nelle loro versioni più imponenti, venivano chiamati “denti di drago“. Adesso queste vestigia di guerra non fanno più paura e riposano custodendo nel loro cuore di ferro e cemento la memoria della tragedia e delle sofferenze dei lunghi mesi di occupazione nazista della Capitale.

Veduta ravvicinata del blocco piramidale di cemento in largo Maresciallo Diaz.