Storia

L’addio alle sirene romane

A cura di Lorenzo Grassi
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Roma è una delle rare città italiane dove nel dopoguerra sono state lasciate in funzione le sirene che erano state installate tra la metà degli anni ’30 e i primi anni ’40 per l’allarme antiaereo. La Capitale aveva un sistema formato da una cinquantina di sirene (circa la metà ancora presenti sui tetti più alti della città) e per questo si decise di inserirle nei primi accenni di quella che sarebbe divenuta negli anni a venire la Protezione civile. In particolare, con la legge n.469 del 13 maggio 1961, il sistema di allarme (con rete di rilevamento della radioattività) venne finalizzato ad avvertire la popolazione civile “in caso di emergenza derivante dall’impiego dell’energia nucleare”. All’inizio del 1968, dopo un lungo contenzioso economico e legale tra ministero dell’Interno e Comune di Roma (che aveva gestito per decenni le sirene tramite la municipalizzata Acea, accumulando un credito di ben 275,6 milioni di lire), la Direzione Generale Protezione Civile del ministero dell’Interno decise di appaltare il servizio all’esterno (fu così affidato alla ditta Imta). Le sirene venivano attivate al segnale di mezzogiorno come test di funzionamento.


Il ministro Paolo Emilio Taviani.

Nel settembre del 1973, avvicinandosi la scadenza di fine anno dell’appalto biennale del servizio sirene affidato alla Imta, il direttore della Divisione Protezione Civile del ministero dell’Interno fu chiamato a colloquio dal ministro Paolo Emilio Taviani, che si era insediato tre mesi prima. Taviani voleva chiudere le sirene di Roma, ma il direttore gli fece presente che:

La cessazione della attuale assidua opera di manutenzione e prova quotidiana delle apparecchiature determinerebbe (…) la probabile reazione negativa da parte dell’opinione pubblica, che troverebbe facile esca anche nella stampa, per la mancata diffusione del segnale di mezzogiorno contestualmente al colpo di cannone sparato dal Gianicolo. Il suono delle sirene a mezzogiorno è difatti entrato in pieno, attraverso gli anni, nelle abitudini della popolazione della Capitale. In compenso, sull’altro piatto della bilancia andrebbe posta solo la economia di 16,5 milioni di lire per il venire meno delle spese di manutenzione ed esercizio della rete (…) In definitiva, eliminando il servizio delle sirene nella città di Roma, andrebbe definitivamente perduto – senza per altro apprezzabili contropartite – un piccolo ma utilissimo patrimonio fin qui conservato efficiente”.

A fronte di queste considerazioni, il ministro Taviani optò per una via di mezzo, dando disposizione di “continuare il servizio senza potenziamenti di sorta”.

Il problema dei costi delle sirene romane era però destinato a riemergere in brevissimo tempo. Nel biennio 1974/1975 le sirene in funzione scesero a 49, con un costo gestionale salito invece a 17,4 milioni di lire e una previsione di spesa, per il biennio successivo (1976/1977) di 20 milioni di lire. A questo punto il nuovo ministro Luigi Gui – succeduto a Taviani nel novembre del 1974 – riaprì la pratica sirene e ne decise la sospensione. Con una nota del 20 dicembre 1975 la Direzione generale della Protezione Civile del ministero dell’Interno comunicava alla ditta Imta di “far sospendere da lunedì 22 dicembre 1975 il suono delle sirene”. Il 31 dicembre fu fatto poi scadere senza rinnovo il contratto con la ditta Imta.


Il ministro Francesco Cossiga, in seguito presidente della Repubblica.

Nel marzo del 1976, il Direttore generale della Divisione Protezione Civile del ministero dell’Interno scriveva al nuovo ministro Francesco Cossiga (subentrato da un mese a Gui): Sono trascorsi tre mesi dalla sospensione del servizio delle sirene e l’opinione pubblica non ha manifestato in proposito alcuna reazione”. E ancora: Si ritiene – salvo diverso avviso dell’On. Sig. Ministro – che a favore della tesi della definitiva smobilitazione del sistema delle sirene siano da considerarsi le seguenti ragioni: 49 sirene nel centro storico di Roma non risolvono il problema della rete di allarme in una città della estensione attuale della Capitale; il mantenimento in esercizio di dette 49 sirene non semplificherà il problema quando esso dovrà essere affrontato per tutto il territorio nazionale (c’era infatti l’idea, poi non concretizzata, di ridare vita ad una rete di sirene in tutte le città, ndr); la possibilità di mantenere ulteriormente in efficienza la rete è limitata nel tempo in quanto ciascun emettitore, quando entra in avaria, non è né riparabile né sostituibile; la misura dell’utilità così configurata non è proporzionale all’onere che ne deriverebbe all’erario”. A fronte di queste motivazioni, con una nota del 9 aprile 1976, il Capo di Gabinetto del ministro Cossiga espresse il suo ok “all’opportunità che si addivenga alla definitiva smobilitazione del sistema di allarme aereo nella Capitale”.