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Un mito con la pistola

L'idea Carlo Lucarelli
 

Coliandro compare per la prima volta come comprimario nel racconto Nikita di Carlo Lucarelli pubblicato nella raccolta I delitti del Gruppo 13, antologia illustrata dei giallisti bolognesi (Metrolibri, 1992). In seguito lo stesso racconto è stampato da solo nel 1994 in una edizione speciale della Granata Press, nel 1997 in una edizione I Corti-EL e ancora nel 2006 nella collana Frontiere-EL. Ne sono uscite anche una versione francese e una tedesca. Il personaggio principale della storia - Nikita - è stato ispirato a Lucarelli da Simona Stanzani, che così racconta sul suo sito l'incontro dal quale ha preso corpo l'idea: "Avvenne alla discoteca Albert Hall vicino a Modena. Avevo 21 anni ed ero nel pieno della mia animale psychobillia, la prima volta che c'incontrammo era alla chiusura estiva della discoteca e io ero talmente devastata (=ubriaca) che non ricordo neppure di avere incontrato né Carlo né il suo amico (proprio i due "imbecilli" che mi hanno chiamata "Nikita" perché secondo loro assomigliavo a quella del film). Dopo un anno li rividi sempre all'Albert Hall ove lui mi raccontò di come mi avesse conosciuto e fosse rimasto ispirato dal mio "Pogo" selvaggio e dalle performance comiche che facevo in pista ballando con le mie amiche. Ridendo e scherzando finii con l'uscire con il suo amico (sempre quello) e a frequentare amicizie comuni, mentre lui continuava e continua ancora a scrivere nuovi episodi. Ora abito a Los Angeles (o a Tokyo?) e non li vedo più tanto spesso, ma anche se sono invecchiata e mi sono cresciuti i capelli sento ancora quell'ardor ch'entro mi rugge: nonostante tutti i miei sforzi per essere normale resterò sempre una punkina14enne o una psycho (patica) di 21, una romantica Teddy Girl, una motociclista pazza o un cartone animato giapponese. O un personaggio di romanzi gialli".  

 
Nel racconto l'ispettore Coliandro è "un goffo poliziotto relegato alla buoncostume e memore di un passato glorioso d'azione con il nucleo investigativo, che si ritrova suo malgrado ad indagare su un omicidio nell'ambiente punk-alternativo, ad opera di alcuni skinhead. Non sapendo niente di quell'ambiente cerca di coinvolgere una studentessa Psychobilly chiamata Nikita per avere informazioni sui sospetti e su quell'ambiente del quale è frequentatrice. Ovviamente lei non è molto d'accordo ma tra una fuga e l'altra, un ceffone e una rissa i due si ritrovano braccati e braccatori in un continuo avvicendarsi di eventi". Nell'introduzione all'edizione speciale edita dalla Granata Press nel 1994 (quella fuori commercio con la copertina blu dedicata, fra gli altri, "agli amici di Coliandro") si legge invece: "Alta, calze a rete con un buco da una parte, anfibi neri ai piedi, mini mozzafiato, belle gambe. Belle davvero. Segni particolari: punk dichiarata. Si chiama Nikita, e non guarda in faccia a nessuno. Imbranato, un tantino presuntuoso. E tenero. Tenerissimo. Di professione poliziotto. Indossa una cravatta gialla su una camicia scura. Uno schifo. Il suo nome è Coliandro. I due si incontrano per caso e inizia l'avventura. Esplosiva".

Grazie alla gentilezza di Onofrio Catacchio, qui potete scaricare e leggere il file Pdf del soggetto originale del racconto di Lucarelli per la versione a fumetti.  

 
Quanto alle caratteristiche che avrebbe dovuto avere Coliandro, Lucarelli ammette di aver aggiustato un po' il tiro strada facendo: "Giacca di pelle e Rayban sul naso, è convinto di sembrare Clint Eastwood ne L'ispettore Callaghan. Invece colleziona figuracce, è ignorante, un po' razzista e spara parolacce di continuo. Quando l'ho ideato - prosegue Lucarelli - volevo che Coliandro fosse cattivo, un personaggio che raccogliesse in sé tutti i difetti che possono esserci in un poliziotto italiano, un prepotente che fa abuso di potere. Però, scrivendo sono venuti a galla anche i suoi pregi: è una persona onesta che si batte per la giustizia e va sempre fino in fondo ai suoi casi, e poi è un eterno perdente. Insomma, alla fine, risulta simpatico. In ogni caso è un antieroe nel vero senso della parola, spigoloso e contraddittorio, l'opposto di quei grandissimi personaggi come Montalbano, a cui tutti, anche io, vorremmo somigliare". Quanto alle donne - presenza costante e contrastata delle sue avventure - "Coliandro tenta di sedurle tutte - spiega Lucarelli - fa lo sbruffone convinto di averle in pugno; invece alla fine s'innamora sul serio, mentre loro puntualmente lo respingono, magari con frasi di circostanza tipo 'Sei un bravo ragazzo, ma...'. Il mio protagonista resta scornato, solo, ed emerge anche la sua grande fragilità". C'è stato anche un "problema" di adattamento al piccolo schermo: "In televisione non ci si può permettere tutta la libertà della pagina di un romanzo - ricorda Lucarelli - quindi certi aspetti del personaggio - di violenza o scorrettezza intesa in tanti livelli - dovevano essere tolti o stemperati. In più è fondamentale la fisicità di un attore: Giampaolo Morelli è riuscito a creare, con la sua interpretazione, un vero perdente simpatico. E a quel punto, anche noi autori, gli siamo andati dietro: sapendo che in certe occasioni farà inevitabilmente una certe espressione o aggiungerà di suo certe battute, scriviamo la sceneggiatura basandoci sulla sua interpretazione".

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